giovedì 3 maggio 2012

UN CALCIO IN BOCCA FA MIRACOLI

Una delle grandi tragedie della nostra epoca consiste nel fatto che tutti sono convinti di avere un'opinione. Qua­lunque babbeo ti trovi di fronte si sente in dovere di dire la sua sull'economia mondiale, sul Medioriente, sull'ultima scoperta scientifica. Ci vorrebbero delle sanzioni economi­che: sei un imbecille, parli del crollo delle Borse, trecento euro di multa. Invece niente. Per questo la televisione è piena di calciatori che commentano la Divina Commedia e di mignotte che si battono per la salvaguardia della na­tura (tranne quella che hanno tra le gambe, naturalmente)... (1)
«Nessuno piscia più nel proprio vaso da notte», ecco come Oreste, con il suo meraviglioso senso della sintesi, avrebbe chiosato il discorso.
Oggi sono uscito di casa con un certo malessere addosso, le gambe titubanti nell'avanzare, quasi preoccupate. Presto ho capito perché. Nella guardiola c'era ancora una volta la portinaia che parlava con Gastone. Hai preso proprio una brutta abitudine, bambina. Il barista, sporgendosi dalla balaustra dei denti finti, esibiva la collezione primavera­-estate dei suoi pareri. Ho finto di guardare nella cassetta della posta per fermarmi ad ascoltare.
- ... vuol dire che ci andrò io a parlare con il suo pro­fessore. Lui studia, intelligente è intelligente, però durante le interrogazioni si blocca, gli viene il «braccetto», come dicono nel tennis...
Che cazzo ne sai del tennis, barista, neanche a bocce ti fanno giocare. E di chi stai parlando, poi?
- ... e così le risposte non gli vengono... e poi è terro­rizzato dal voto... siamo nel terzo millennio e ancora si dànno i voti agli studenti... è assurdo... la scuola dovreb­be dare felicità, in fondo, non credi?
Il mio vecchio scroto dà segni di vita. Cominciano a girarmi i coglioni.
- ... hai meritato cinque, hai meritato nove... ma che significa? Che vuol dire? Sei d'accordo, tesoro?
Sta dicendo una stronzata dopo l'altra e comunque, leg­gesse pure il Vangelo, ha usato la parola «tesoro».
- ... non lo so, io credo di essere un uomo aperto, mo­derno... anche se non sono più un ragazzo...
Se aggiunge «ma dentro mi sento vent'anni» gli dò un cazzotto in bocca. E' una delle frasi più insulse che un an­ziano possa pronunciare. Se a quell'età sei ancora banale e indolente come un ventenne, vuol dire che non t'è ser­vito a niente campare, invecchiare, veder cambiare le co­se intorno a te.
- ... ecco, il voto, sinceramente, è proprio una cosa che andrebbe abolita... oggi come oggi, a che serve?
- A evitare che un cretino qualunque, un somaro, si di­plomi, poi si laurei e infine diventi il cardiochirurgo che un bel giorno ti opererà a cuore aperto, mandandoti al crea­tore... ecco a cosa serve.
Non ho resistito, mi sono insinuato come un'infiltra­zione di muffa nel loro discorso.
- ... e che vuol dire? - balbetta il barista, che non si aspettava un attacco dall'androne del palazzo, come la Fran­cia non se lo aspettava dalle Ardenne. - Il voto mica sem­pre riconosce il vero valore... e poi gli insegnanti vanno a simpatia... Einstein andava male in matematica, per dire...
Questa l'ho sentita dire un milione di volte. Il giovane Einstein una volta avrà studiato poco per uscire con una ragazza e questo stupido episodio è diventato un alibi per milioni di zucconi in tutto il mondo. In Italia invece, a differenza della Germania ai tempi del giovane Einstein, siamo pieni di geni compresi.
- Per mandare a casa le mezze calzette che trovi in ogni posizione chiave del Paese, serve un sistema basato sulla meritocrazia. Per riconoscere il merito, è necessario un sistema di valutazione. Lo vogliamo chiamare voto, chiamiamolo voto, ma se preferisci Antonietta, chiamia­molo Antonietta. Ci vuole un' Antonietta per stabilire se quello studente, che domani farà parte della classe diri­gente, si sta preparando seriamente o se pensa soltanto a trascinare sul sedile posteriore della macchina qualche sgallettata.
- Mi sembra che tu non abbia una grande considera­zione dei giovani, - dice l'uomo che ha basato sulla peda­gogia tutti i suoi caffè macchiati, - scusami se te lo dico, ma... il tuo modo di pensare mi pare un po' reazionario...
- Sentimi bene, piccolo Lenin... il voto è la cosa più di sinistra che si possa immaginare... in un sistema onesto, dove le regole del gioco sono rispettate, un buon voto è il solo modo che il figlio dell'operaio ha di scavalcare il fi­glio del padrone.
- Tanto alla fine il figlio del padrone, anche se è una testa di minchia (il barista sta uscendo al naturale), il po­sto di lavoro importante se lo becca lui!
- E sai perché? Perché ci hanno convinto che il cin­que e l'otto sono la stessa cosa e non bisogna farci caso... che non esistono bei film e film di merda, ma è solo una questione di gusti... che non è poi necessario avere una bella canzone per partecipare al festival, basta essere un personaggio interessante... niente regole... ed è così che il figlio del padrone, per continuare con questo linguaggio da osteria di Reggio Emilia negli anni Cinquanta, al figlio dell'operaio glielo metterà sempre in culo, perché in fatto di appoggi e conoscenze non lo frega nessuno... Io invece penso che se sei una testa di legno, pure se papà è un pez­zo grosso, non devi fare né il ministro né l'imprenditore, per il bene di tutti... è meglio che fai l'idraulico... o ma­gari il barista.
A parte il fatto che anche un idraulico incapace può fare dei danni spaventosi, mi accorgo che Gastone ha ac­cusato il colpo.
Non so se sono davvero convinto di quello che ho appe­na detto o se, nel caso il mio avversario si fosse dichiarato fieramente a favore di rigide e selettive votazioni scolasti­che, avrei sostenuto con la stessa veemenza l'esatto con­trario. Ho il sospetto di sì.
Per un lungo istante, io e Gastone ci fissiamo silenzio­si, in una grottesca versione senile di Sfida all'Ok Corral.
- Signori, per favore... devo lavare l'androne! - inter­viene la portinaia, imponendo alla nostra reciproca anti­patia le ragioni superiori del condominio.
Sto fingendo di guardare la posta già da venti minuti, per essere credibile la mia cassetta dovrebbe avere le di­mensioni del Louvre.
Gastone se ne va mugugnando e io faccio altrettanto, solo in direzione opposta, stringendo tra le mani il messag­gio che ho trovato nella buca delle lettere, il primo dopo mesi. Dice: «Valerio, pulisco cantine e faccio piccoli tra­slochi con furgone proprio». Sei stato gentile a pensare a me, Valerio. Teniamoci in contatto.

(1) Marco Presta, Un calcio in bocca fa miracoli, Einaudi, Torino 2011, pp.102-6 --- Marco Presta è quello del Ruggito del Coniglio, la trasmissione della radio. E' un piccolo Totò, a modo suo geniale. Il romanzo è una simpatica apologia del cinismo, divertente e con una modica quantità di saggezza e sentimento. L'ho letto volentieri, come altri a cui l'ho prestato o regalato. L'anonimo protagonista ama segretamente e invano la portinaia del brano, tristemente irretita dal bieco e banale barista del brano, Gastone, e dai suoi denti nuovi. 

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