giovedì 30 giugno 2011

LA VOLVO BIANCA

Qualche tempo fa.
Sono fuori per fare commissioni e incrocio R., studentessa carina che vedo sempre nei corridoi perché non è in una delle mie classi. E’ piccola, fa il secondo anno. Io ho avuto in classe la sorella N., qualche anno prima: altra bella ragazza, che forse si fa ricordare un po’ di più perché è più bionda.
N. ha passato un paio d’anni con aggrappato addosso C., che è stato il suo moroso dal quarto anno in poi e che le è stato attaccato come una zecca per lunghi intervalli di metà mattina fracandola sui termosifoni in abbracci tentacolari e tenendola in braccio in mezzo ai banchi, del che lei è sempre sembrata compiaciuta, anche se già allora nello sguardo lusingato sembrava presente un certo distacco, la coscienza magari non del tutto chiara del fatto che in prospettiva si sarebbe potuta permettere di meglio.
E’ incredibile come queste cose si vedano, si sentano subito: è per questo che tutti si permettono di fare valutazioni sulla durata e l’opportunità degli amori dei ragazzi incrociando dati di carattere morfologico (fisico) e sociologico, al di sopra delle loro teste e dei loro cuori che, come si sa, spesso albergano sentimenti abissali per i quali questi calcoli della gente sono solo crudeli. Ma anche queste valutazioni sono profezie che tendono ad autoavverarsi, che spingono a realizzare lo stato di cose che prevedono. Probabilmente N. sapeva che la gente pensava che in fin dei conti C. era troppo poco per lei. Non voleva crederci ma sotto sotto, un po’ alla volta, se ne stava convincendo.
Mi risulta che adesso non stanno più insieme. La cosa era del tutto prevedibile, in primo luogo per ragioni statistiche: credo che raramente la durata degli amori tra due studenti della stessa classe, anche nei casi di resistenza più tenace, superi il paio d’anni. Qui mi viene da pensare che lei forse avrà atteso, anche perfettamente in buona fede (cioè credendo di continuare a conservare intatto il proprio sentimento), l’occasione per allargare la distanza e preparare la separazione. Se è così lui si sarà mangiato l’anima per la sofferenza e gli ci sarà voluto parecchio per uscirne, se pure ne è uscito.  Ma non ho notizie precise e magari le cose sono andate in tutt’altro modo.  Comunque è da un po’ che non vedo né N. né C. Invece l’altro giorno ho visto R., la sorella piccola.
Stava all’angolo di una strada dalle parti della piazza. Vestita bene, truccata, tirata in modo non proprio ovvio per le tre di un pomeriggio qualsiasi di un giorno feriale. Sta dietro una colonna del portico e si muove poco, al massimo due passetti in qua o in là. Tacchigna il cellulare con frequenza e con l’aria un po’ furtiva. Mi vede e fa finta di no: in fin dei conti la conosco appena e non ha l’obbligo di salutare. Penso che avrà un appuntamento, d’accordo, e che tante volte i fioi ti considerano ficcanaso e inopportuno anche se solo ti limiti a vedere quello che si vede. Quindi penso che stavolta non ho visto niente e cerco di non registrare quasi il fatto nella memoria: non  ricordartene e non rischierai di giudicare a vuoto, cosa che è sempre meglio evitare per igiene mentale e carità cristiana.
Bon: vado avanti a fare le mie cose e ripasso. Non faccio apposta, lei è là vicino a dove ho parcheggiato la macchina e io ho una cosa da mettere giù. Stessa scena di prima: lei è lì seminascosta che tormenta la tastiera e io sto piatto e faccio finta de pomi. Ma poi devo tornare in su verso la piazza e sto per incrociarla di nuovo, e penso anche che si chiederà se la sto controllando e mi considererà proprio un vecchio impiccione e magari un po’ bavoso. Ma chi se ne frega: in realtà proprio di lei e dei suoi morosetti a me non interessa. E invece un po’ il mio interesse si sveglia. Sono a qualche decina di metri da lei e finalmente arriva il tipo. In macchina. Una Volvo bianca. Lui sarà sui 40, sportivo ma distinto, direi che può risultare affascinante di sicuro. Lei sorride e monta su e io penso che non credo che quello sia suo zio. Lì mi ricordo subito che mi ero detto che era meglio non pensare niente, ma ho paura che ormai stavolta per l’igiene mentale e la carità cristiana sia un po’ tardi… Farò meglio la prossima.

1 commento: