venerdì 21 settembre 2012

MA I MIEI OCCHI BRILLANO?

Oggi un collega ha portato in una classe questo. Non è sbagliato, non è affatto sbagliato, ma mi ha fatto lo stesso girare un po' i maroni. Primo perchè mi viene a dire di fare tutte le cose che cerco di fare già, e quando pensano di insegnarti cose che pensi di sapere già, un po' di nervoso ti viene. Secondo per il tono un po' enfatico e un po' dolciastro. Nella fotocopia del mio collega non c'era il nome dell'autore, ma solo data e nome della testata su cui era apparso l'articolo, allora l'ho cercato per vedere un po' chi era. E' questo.
Ha scritto due romanzi che parlano anche di scuola. Me li procurerò e studierò un po' il tipo. Leggo tutto quello che c'è in giro e parla di scuola, purchè mi capiti sottomano. Stiamo a vedere. Agli studenti della classe in questione ho detto (più o meno) che non so se i miei occhi brillano, ma se anche quelli non si attivano in modo così spettacolare, ho altre parti del corpo che testimoniano della mia (più o meno) spasmodica dedizione. E che in ogni caso anche loro, gli studenti, hanno la responsabilità di far brillare i loro occhi. O di attivare se stessi in qualche modo visibile. Alla loro età sono già abbastanza responsabili di quello che sono. Ok: la mia responsabilità è più grande, ma il loro potere su loro stessi è molto più diretto e maggiore del mio. E dunque anche loro è il caso che muovano le chiappe.

6 commenti:

  1. 1. Ma questo prof è un bbono!
    2. I tuoi occhi brillano.
    3. L'articolo mi ha fatto venire in mente Guido Petter, uno dei pocherrimi insegnanti meritevoli della ssis, vecchio vecchio con i capelli bianchi tanto che muorse poco dopo, che ci raccontava di quando insegnava alle elementari e diceva ai bambini di guardarsi bene intorno ogni mattina mentre facevano la strada da casa a scuola, e di arrivare sempre con due domande.

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    1. 1 Immagino che "questo prof." non sono io, che ormai non sono più bbono per nulla. E forse è per questo che instintivamente mi sta un po' sui maroni: è caruccio, magari anche un po' fighetta (veleno e invidia...) e poi è un po' un Venezia: adesso dal suo blog ha lanciato una specie di campagna per la salvezza della scuola e l'ha chiamata "Rose e Libri". ROSE E LIBRI!!! Ma andiamo!! Curi curi!!
      2 Speriamo. A volte uno si guarda dentro e trova tutti i fuochi spenti e solo un po' di cenere calda.
      3 Siii, Guido Petter, quanti sussidiari...

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    2. Comunque anche se è un Venezia non dice solo cazzate: l'idea che la scuola dovrebbe essere altro molto prima che un luogo di lotta e di dolore è in sostanza una delle mie idee, circa.

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    1. Un Venezia è uno lezioso, che rischia di perdersi nella produzione di orpelli decorativi e inutili invece di badare alla sostanza, rischiando così di compromettere il risultato. Fogo alla cenere non si può più dare, è roba che ha già bruciato e si è spenta. Al massimo è ancora tiepida.

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