venerdì 11 gennaio 2013

AL MERCATO

Una delle funzioni che ritieni di avere per il fatto che racconti cose ai fioi è quella di aiutarli a farsi crescere un po' di unghie: tu sai benissimo che, se ancora hai qualche residua possibilità di ritenerti un uomo libero, questo dipende dal fatto che hai studiato.
Non servirebbe, se tu fossi un mago oppure un santo, miracolosamente in contatto con le fonti sacre dell'esistenza attraverso qualche legame originario. Ma non sei nessuna delle due cose e lo sai, quindi non hai avuto altra scelta che piantarti per terra e cercare di affondarci dentro le radici un poco alla volta, cosa sulla quale hai lavorato per anni. Potevi far meglio? Certamente. Qual è la profondità minima indispensabile per poter pensare che l'aria che respiri ti appartiene? Non lo sai. Ma a un certo punto cominci a non far più conto di certe cose e forse quello è un segnale.
Chi lo capisce se sei in grado di resistere al vento? E' una cosa che si avverte e che ti merita rispetto (o no) e che ti rende possibile lasciare tracce: non sempre, ma a volte sì. E davvero allora lavori come se stessi pregando, continuando sempre a sentirti incerto e a pensare che comunque le tue debolezze si vedono, ma vedendo che tutto sommato riesci abbastanza spesso ad essere (quasi) tutto intero lì, dentro le cose che racconti, di fronte a quelle vite che con te non c'entrano ma alle quali devi provare ad offrire delle occasioni.
D'altra parte sai bene che il tuo culo è dietro di te, mentre gli occhi stanno dall'altra parte, quindi non puoi evitare di dare al mondo la possibilità di prenderti alle spalle. Il che succede in mille circostanze nelle quali non sei abbastanza informato da sapere di preciso il significato di quello che fai (bevi mangi compri vesti usi...).

Da un certo momento della mia vita ha cominciato a chiarirmisi il fatto di costituire, come individuo, un piccolo banco di prova al contrario per prodotti industriali di vario tipo. Niente di rilevante sul piano statistico, ma si è ripetuto più volte il fenomeno per cui, quando trovo, per caso e senza compiere ricerche accurate, un prodotto di largo consumo a cui affezionarmi moderatamente, quello viene tolto dalla circolazione. Mi è capitato con biscotti, saponi, shampoo e altre cose. Non intendo quando rinnovano una linea di prodotti, tanto per cambiare, come richiede la logica della produzione: diciamo che se all'inizio la ditta X fa sei tipi di cracker, dei quali io comincio a comprarne regolarmente uno, succede che dopo qualche mese, un anno, sono i miei cracker gli unici che non si trovano più sullo scaffale. Mi sono chiesto se considerarlo un segnale positivo, una dimostrazione della mia incompatibilità con il sistema della società di massa. Ma non scherziamo. Al massimo posso nobilitare questa piccola sfiga sedendomi in mezzo all'assassino e all'amico di Walter (1) e condividendo la loro lotta apparentemente vana per un mondo in cui le energie degli uomini siano investite in modo più sensato che nell'alimentare cicli di trasformazione di tubetti e pacchetti. Sapendo che poi, quando parli con qualcuno che sa cos'è il mercato, rischi di essere guardato con sufficienza, come se gli ingranaggi di tutto il grande congegno fossero di diamante, come se chi pensa di poterne alterare il movimento anche solo un po' meritasse solo compassione.
Sarà. Ma intanto adesso devo cambiare profumo. Anni fa ne usavo uno molto “vecchio stile”, muschio e tabacco, che mi piaceva tanto e che mi hanno tolto da un sacco di tempo. Avevo trovato un'alternativa accettabile in un bottiglione di roba firmata molto bene e anche abbastanza costosa, che perlomeno era differente dai profumi da fighetta, a base di (più o meno) agrumi, gelsomino e anguria, che adesso vanno normalmente, ma di recente ho avuto la certezza che non fanno più neanche quello. Sto usando una bottiglietta piccola che ho rubato a V., presumibile regalo di natale o di compleanno di qualche zia o compagna di classe, valore presunto: 5 euri, qualità sicuramente non alta ma, insomma, sopportabile (o forse mi ci sto solo abituando, al peggio ci si abitua...). L'alternativa è se continuare con prodotti di questo tipo e, visto che ormai sono molti i fattori che mi distinguono da qualsiasi modello di eleganza e/o raffinatezza, fregarmene e sacrificare anche questo; oppure girare con una certa sofferenza per qualche bottega di intrugli e mettermi a provare tester e campioncini, nella speranza di trovare entro un tempo non troppo lungo qualcosa che mi vada bene, salvo poi temere di nuovo e sempre la minaccia costituita dalla mia natura di eccezione ai principi del marketing. Ma non è un dilemma che mi toglierà il sonno.
E non è che io non capisca quanto l'uscita dalla povertà e la possibilità di possedere oggetti (andare in altri posti, comunicare con gli altri...) siano stati un fattore di progresso che sarebbe miope sottovalutare, anche perchè per capirne la portata basta voltarsi indietro di poco e ricordare per esempio che la nonna D., nata a Salgareda, in tutta la sua vita (1905-1976) non è mai stata a Venezia. Ma questa specie di segno che mi sono trovato dentro, questa minuscola refrattarietà alle tecniche con cui si modellano i gusti delle masse, me la fisso nella memoria con una puntina per ricordarmi che (lo metto sempre in programma ma poi non sempre ci arrivo...) ai fioi di quinta bisogna parlare, per due ore nella loro vita, di come quelli di Francoforte avessero capito abbastanza presto quanto difficile sia conquistarsi l'aria da respirare, in un mondo come il nostro in cui ciascuno vive sotto una pressione enorme e, per poter pensare di essere libero almeno un po', deve continuamente inventarsi qualcosa di vero.
 
(1) Walter e L'assassino, in Michele Serra, Il nuovo che avanza, Feltrinelli, Milano 1989, p. 67-76 e 93-110.

4 commenti:

  1. Potresti provare a sfruttare la globalità del mercato: il mio profumo che in Itaglia non fanno più l'ho trovato sull'internet.

    RispondiElimina
  2. "se ancora hai qualche residua possibilità di ritenerti un uomo libero, questo dipende dal fatto che hai studiato" è una cosa molto bella e molto vera (almeno per me)

    RispondiElimina
  3. Ciao Maria, che piacere trovarti qui...

    RispondiElimina