lunedì 28 luglio 2014

UN PASSO FALSO

La casa della famiglia Mann in Mengstrasse 4 a Lubecca in una foto del 1870
Volevo leggere I Buddenbrook perchè pensavo che fosse un romanzo storico, ma ho scoperto che non lo è.
O meglio, lo è solo in modo parziale e indiretto. Il famoso racconto della famiglia di commercianti di Lubecca attraversa quasi tutto l'800, ma la Storia ci filtra dentro solo passando per gli interstizi. I personaggi sono contenuti dalla loro società come da un involucro che (certo, volutamente) in larga misura li isola, in modo che i cambiamenti che avvengono fuori, anche se potenti e complessivi, trasmettono il loro effetto dentro solo in ritardo e in modo molto mediato. Il '48 a Lubecca sembra essere stato più inconsistente che a Portogruaro1, l'unificazione della Germania e la fondazione del Reich saltano fuori quasi solo di striscio, per esempio quando si discute dei progetti per la costruzione di linee ferroviarie da Lubecca a Berlino o dintorni, con in mente sempre le ricadute dirette sui costi del trasporto delle granaglie o di altri beni, infine Bismarck viene nominato, mi pare, una volta, anche lui di sfuggita, e non al centro di una discussione politica di qualche respiro.
Naturalmente non è che per questo non valesse la pena di frequentare questa celebre dinastia di grossi e ricchi mercanti rompicoglioni: questi grandi libri che si teme di affrontare per le loro dimensioni e la loro fama di pesantezza poi si rivelano praticamente sempre i grandi libri che tutti dicono. D'accordo: non è una cosa rapida e facile da raccomandare. L'aspetto che forse distanzia di più il romanzo da qualcuno che lo legge oggi, pur pieno di buona volontà, potrebbe essere l'estremo scrupolo con cui il giovane Thomas Mann ha voluto rappresentare gli infiniti particolari della sua esistenza e del mondo che le ha dato forma, riproducendoli in un dettaglio che, per esempio, al tipo di lettura che ne ho fatto io può sembrare esasperato e risultare un po' indigesto. Di prima botta ti pare un po' come quando uno ti racconta delle sue cose con amore per tutti (proprio tutti) gli aspetti della sua situazione, anche quelli che a te pare non servano a capire e a cui lui è affezionato perchè li sente come propri e originari e inseparabili da sé. Ma al di là di questo aspetto, che poi avrà certo ragioni che io non mi sogno di mettere seriamente in discussione, dopo un po' non hai nessun dubbio sul fatto di avere in mano una cosa potente abbastanza da potersi presentare come definitiva2. Tra parentesi: lo scrupolo di verità che Mann ha messo nel ricordo commosso di questo enorme cumulo di particolari, all'epoca della pubblicazione del romanzo gli gli ha (pare) procurato un po' di guai e recriminazioni, perchè i familiari, gli amici e i conoscenti lubecchesi, con le generazioni seguenti, hanno naturalmente trovato da dire su come erano stati ritratti, loro e i loro avi. Questo perchè, come si sa, la gente è stupida.
Dunque, a parte il grande bellissimo spazio riservato a Tony (Antonie, il – direi – principale personaggio femminile) col suo principio di vero grande amore, prontamente estinto dai dispositivi dell'organizzazione familiare, e col suo invincibile destino/contrappasso di malmaritaggio, tanto radicato da risultare persino trasmissibile per via ereditaria, al centro di tutta la faccenda sta Thomas (che è più o meno il padre di Thomas autore). In Thomas personaggio si consuma la contraddizione epocale dalla quale, secondo Mann, poi viene fuori lui stesso, Thomas autore, e tutto il suo tempo e quindi anche tutti noi, suoi epigoni piuttosto remoti. La parte più bella e potente mi pare – come spesso accade – quella in cui la Sfiga cosmica inizia a prendere il sopravvento e ad assumere il dominio degli eventi (poco spoiler qui, visto che la decadenza è già nel sottotitolo del romanzone: Verfall eines Familie). Attenzione che comunque siamo già verso pagina trecentottanta e rotti (su seicentottanta), quando Thomas personaggio, al culmine della carriera e della fortuna, sente che in modo oscuro – per gli altri impercettibile ma per lui tangibile e distinto – le cose gli scappano di mano e niente di quello che lui si è sforzato di costruire sulla base già imponente di quanto accumulato dai suoi padri in una coraggiosa e gloriosa sequenza dinastica, resisterà al tempo e, appunto, al malvagio influsso distruttore della Sfiga cosmica. E questo non solo in termini di ricchezze: l'erosione del patrimonio è solo l'aspetto più evidente del fallimento di un modello di civiltà che Thomas personaggio pensava naturalmente di incarnare e di aver portato alla massima magnificenza.
Dunque un romanzo a lungo apparentemente iperottocentesco: ma dentro il quale poi si trova come ripieno una dose velenosa di nichilismo assolutamente sufficiente ad ammazzare (nello spirito) tutti i bovini nordeuropei necessari a dimostrare – a sé e all'Occidente tutto – come sia esaurita e spenta l'illusione moderna che ci ha fatto pensare per qualche secolo di avere una prospettiva e di essere in grado di fare ordine nel Mondo e nella Storia. Non a caso Thomas personaggio a un certo punto trova casualmente in giro un volume del Mondo di Schopenhauer e si mette a ridere di sé e di tutti pensando pressappoco che – straminchia – questo tipo, tedesco del nord come lui, aveva già capito tutto e ci aveva avvertito già da tempo che darsi da fare tanto dietro allo sviluppo e all'amministrazione, per produrre ricchezza e prosperità per tutti, significava cascare con tutti e due i piedi nella trappola della Sfiga cosmica che prima ci fa correre dietro a robe inutili e poi ci prende per il culo quando ci accorgiamo di questa inutilità. “Non è ogni uomo un errore, un passo falso?” è la simpatica consolante conclusione cui Thomas autore fa arrivare Thomas personaggio grazie alla lettura del cattivissimo pensatore di Danzica. La consolazione poi è resa più calda e intensa dal fatto che questo errore la morte lo correggerà, così siamo a posto. E una delle tante cose belle del romanzo è il fatto che comunque questa illuminazione folgorante non cambia la vita di Thomas personaggio, che mette via il libro senza più andare avanti perchè ha troppo da fare e si avvia, cieco benchè consapevole e comunque senza più alcuna quiete interiore, ai suoi affaccendati e tristissimi ultimi mesi di vita.
Dunque, penso che leggere I Buddenbrook mi abbia aperto un mondo. Io, che avevo letto Der Tod in Venedig un sacco di tempo fa, senza neanche apprezzarlo moltissimo, visto che la dose di veleno decadente lì è talmente abbondante da affiorare in superficie e rendere da subito tutto molto molto amaro, adesso penso che ho una certa voglia di leggere Tonio Kröger e Der Zauberberg e Felix Krull e magari anche Joseph und seine Bruder. E penso anche che dovremmo trovare il modo di fare leggere queste cose a più gente, per quanto, certo, siano cose a cui non è semplice avvicinarsi. Questo è naturalmente un vecchio problema: uno dei tanti a cui cerco e cercherò abbastanza inutilmente soluzione negli anni che mi restano da lavorare a scuola. Intanto penserò appunto se provare a fare altri passi dalle parti di Thomas autore o se, per esempio orientarmi verso Shakespeare, che non ho mai letto e che mi fa comunque molta voglia e che chissà poi se ci riesco. Adesso ci penso.

1 Non è un riferimento del tutto casuale. Il comune di Portogruaro ha affidato a qualche esperto di storia locale una piccola sezione in cui si dà conto di vari passaggi tra cui, appunto, il '48. In confronto a quello che Mann racconta essere accaduto a Lubecca, a Portogruaro il Risorgimento pare sia passato molto più seriamente, lasciando qualche traccia sensibile.
2 Occhio che da qui in poi scatta un significativo allarme spoiler. Cerco di non esagerare casomai. Per quanto poi sia improbabile che qualcuno dei pochissimi che passa di qui decida di mettersi realmente a praticare la famiglia Buddenbrook...

La Buddenbrookhaus oggi, ricostruita dopo i bombardamenti della II Guerra mondiale

2 commenti:

  1. ...G. mi ha passato il tuo numero, ma poi ho dovuto mandare a riparare il telefonino...quindi te lo scrivo qui: grazie, grazie e ancora grazie, da parte di entrambi!
    maria

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  2. Pas de quoi. Che Iddio o chi ne fa le veci vi tenga la mano sulla testa.

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