Un'opera grafica di Gianni Pignat |
Non credere sempre di
ricavare
le tue parole dalla lettura
dei fatti;
di raffigurare i fatti in
parole, secondo certe regole!
Perchè l'applicazione della
regola al caso particolare
dovrai farla tu, senza
alcuna guida.
Ludwig Wittgenstein,
Ricerche filosofiche, parte prima, 292)
Gianni Pignat, Possibile non probabile |
Mi
pareva, già quella volta, che molti fossero capaci di giocare bene
questo gioco, e mi sono sentito confortato e sostenuto quando ho
visto che c'era chi sosteneva che giocarlo era il nostro principale
impegno, anzi: che la nostra intelligenza in fondo si organizza e
affronta le cose proprio come affronta le piccole sfide a cui la
mette davanti questo o quell'altro gioco. E poi: che il modo in cui
ci raccontiamo la nostra storia per decidere chi siamo e cosa
dobbiamo fare è proprio il modo in cui mettiamo insieme e
raccontiamo le storie che raccontiamo in genere.
Allora: quando mi figuro la
Grazia di Dio tendo a pensare che il modo in cui appare dovrebbe
farcene vedere proprio la presenza capillare, la capacità di toccare
singolarmente ogni cosa riconoscendo tutte le differenze, le infinite
variazioni. Che dovrebbe far vedere come la Grazia sia accessibile a
tutti, almeno potenzialmente: come un movimento che le mani possono
imparare e che poi diventa naturale e permette di fabbricare mille e
mille esemplari diversi dello stesso oggetto, tutti buoni, tutti fatti a
regola. Oppure come il modo in cui si impara una lingua e poi si
riesce un po' alla volta a mettere i pensieri in forma anche con
quelle parole lì, nuove, dicendo comunque tutto il mondo, che così
diventa nuovo anche lui.
Qualche settimana fa ho
avuto la fortuna di conoscere Gianni Pignat,
di cui avevo sentito parlare in diverse occasioni dagli amici (Paolo
e Cristina) che mi hanno portato a un'esposizione di suoi lavori
recenti, a Pordenone. A sentirne parlare mi ero fatto l'idea di un
personaggio davvero interessante, di un uomo che si è costruito, con
molto impegno e qualche rischio, un'esistenza movimentata e
avventurosa, di viaggiatore per mestiere ma anche per curiosità
propria, di fotografo (vedi sul suo sito
e su di un altro) di cronaca e
attualità, ma anche di esploratore di mondi (persone e situazioni
molto più che paesaggi) spesso molto lontani dalla nostra dimensione
quotidiana così occidentale. Quello di cui non mi ero reso bene
conto in base ai cenni e ai discorsi, e di cui invece ho avuto modo
di valutare la consistenza e la profondità, per quanto rapidamente e
in modo approssimativo, è il modo in cui Gianni Pignat ha lavorato,
negli intermezzi tra un viaggio e l'altro, per raccogliere il
precipitato e tradurre la sostanza di tutta questa esperienza in un
lavoro artistico capillare e scrupoloso. A me, spettatore casuale
semi ignaro che ha avuto appena il tempo di dare una scorsa, pare che
questo lavoro abbia prodotto molte cose veramente belle, capaci di
parlare con intensità a chi le incontra e di tenere nel tempo. E mi
pare che, a legarle tra loro, tutte queste cose facciano una somma e
una combinazione la cui media è alta, tanto da essere un esempio di
cosa l'onestà intellettuale, la serietà della ricerca, il gusto e la
consapevolezza possono permetterti di fare se hai coraggio, anche se
nasci in un mondo un po' piccolo.
Del resto, una delle cose
che Gianni Pignat sembra voler dire più spesso è che nessuna parte
del mondo è poi così piccola da essere priva di un modo proprio, radicato e vitale, di
guardare le cose raccontandole nella propria lingua. Se ti parla di
qualcuna delle storie che ha incrociato nei posti dove è stato, lo
fa mettendosi contemporaneamente sullo stesso piano con te che lo
ascolti e con le cose che racconta. Ti trasmette subito il senso di
quanto per lui lo spazio geografico e storico sia percorribile in
lungo e in largo, di come non ci debba mai essere paura di quello che
si trova ma solo attenzione e voglia di imparare. Magari, visto che è
uno che non se la tira neanche un po', si scusa anche, temendo di
farla lunga, mentre tu sei lì che cerchi di non perderti una
parola e che se potessi tireresti fuori matita e libretto per gli
appunti.
Il tempo che ho avuto è
poco: poco in assoluto rispetto alla possibilità di farmi un'idea,
anche se molto rispetto alla sua gentilezza estrema, visto che ci ha
portato a casa sua e nel suo laboratorio, ci ha fatto vedere un sacco
di cose e ci ha perfino regalato due piccoli bellissimi libri d'arte
fatti da lui (in quello toccato a me cinque poesie e una foto,
straordinarie le une e l'altra) regalo di cui naturalmente non
finisco di ringraziarlo. Ma di certo quello che mi rimane di più
resta soprattutto l'impressione chiara della notevole quanto sottile
ed elegante profondità del lavoro che ha fatto. Di certo non mi metto
qui a provare a fare un ragionamento complessivo. Questo post serve
anche a consigliare vivamente ai pochi che passano di qua di fare un
giro con un po' di calma per il sito di Gianni Pignat e di tenere d'occhio prossimamente le cose
che farà. Quindi è inutile che io faccia da intermediario e dica
delle cose di troppo invece di limitarmi a fare da cartello
indicatore di una direzione di viaggio interessante.
Ma una cosa la dico. Dietro
a tanti dei lavori di Gianni Pignat, forse la maggior parte, c'è il
senso preciso di come le parole siano una modalità di
rappresentazione del mondo in sé non diversa dalle figure. Lui ha
imparato parecchie lingue: non solo sa bene il russo, ma ha
familiarizzato più o meno a lungo con tanti idiomi lontani da quelli
europei correnti, che di solito anche noi parliamo un po'. Così ti
dice lui stesso, più o meno, di come ha sperimentato direttamente che
entrare in una lingua è il più delle volte il solo modo per
acquisire una percezione abbastanza autentica dei mondi con cui ti
metti a confronto. E vedi subito che per lui le parole scritte, i
segni di una scrittura, sono un mondo. Una delle sue
principali attività negli anni è stata quella di inventare codici:
scritti, graffiti, dipinti, ritagliati, modellati in tutti i materiali che la
sua disposizione da artigiano (si vede subito quanto è bravo con le
mani e quanto attentamente studia il senso di ogni tipo di materia)
gli ha fatto attraversare negli anni. Ha disteso sul piano decine e
decine di tipi diversi di scritture, segni simili la cui variazione,
tra l'uno e l'altro e nelle combinazioni riga dopo riga, mi sembra
che riproduca benissimo la vibrazione in cui, dicevo, per me in
sostanza consiste la potenza creatrice del mondo. In queste sequenze
di cifre la si vede all'opera, costante, progressiva e silenziosa:
una prosa cosmica che ci si srotola sotto il naso e che ci invita a
leggere. Con pazienza e spesso con difficoltà, ma anche con piacere,
come ci succede quando risolviamo un enigma che ci ha impegnato a
lungo. Dunque il mondo, dicevo, come testo da interpretare. E non tutto si riesce a comprendere, va bene, ma comunque si sta
conversando e si è in contatto con qualcuno che non si vede, ma che ci
sta parlando da dentro la sua tenda di seminomade o da sotto un arco
di pietra in qualche deserto. E per quanto possa sembrare che
lavorare su un modulo di questo tipo offra possibilità limitate,
basta vedere come segni, materiali e colori diversi possono farsi
impregnare da infinite storie. Del resto non ci sono solo i codici,
ma anche tanti altri segni e colori e materiali e simboli con dentro
avventure e racconti e miti. Ne metto qui un esempio, ma solo per
invitare, ripeto, ad andare in cerca e vedere da soli, in rete e
fuori.
Gianni Pignat, Acrobate |
Una ceramica di Gianni Pignat |
Nella mia assoluta modestia
penso che sarei contento se qualcuno (magari qualcuno di mia
conoscenza) riuscisse a trovare il modo di far vedere bene tutte
insieme un po' delle cose di Gianni Pignat: primo perchè mi pare
proprio che se lo meriti, secondo perchè mi piacerebbe molto avere
l'occasione di leggere per bene, di provare con calma a decifrare un
certo numero dei suoi messaggi, dei suoi crittogrammi, dei suoi
codici fatti di miniature infinitesimali, che, ne sono convinto, in
molte occasioni ci possono avvicinare – per quanto ci è lecito –
a qualche genere di verità.
(So
che, al di là della letteratura, del cinema e (forse) del teatro,
non ho niente di realmente sensato da dire sull'arte: sto
tranquillamente a galla col salvagente in quella dimensione in cui,
pur senza intendermene, riesco a sentire qualcosa e capisco
abbastanza di quello che mi spiegano. Ma è una posizione che mi
permette di avere molto rispetto per chi alimenta con grande
idealismo questa infinita conversazione dell'arte. E anche, a volte,
di riuscire a trovare in qualche esperienza estetica delle ragioni
forti e vitali, che si trasformano in cibo buono per continuare a
ragionare e parlare. Così, tutte le volte che mi capita, posso dire ai
fioi
che devono ricordarsi di prevedere nella loro vita uno spazio per
queste cose, quelle che fondamentalmente li possono salvare dal
diventare quelle palle di roba molle e attaccaticcia che quasi sempre
tutti siamo quando consumiamo senza discernimento. E dico loro di fare la
fatica necessaria a farsi un briciolo di gusto. Non per portare la
morosa alla mostra d'arte in modo da non apparire subito quei
cinghiali che in realtà si è. Magari anche. Ma perchè queste sono
le cose che salvano veramente la vita e a volte impediscono di fare
le cazzate più grosse e, se uno le ha coltivate quando e quanto può,
poi se le ritrova dentro come un tesoro e ci trova sempre appeso,
anche nei momenti peggiori, qualche brandello di felicità.)
Tu sei molto bravo. Hai questo modo di andare a fondo alle cose che ti invidio moltissimo.
RispondiEliminaGrazie Teresa, la prima volta che ci vediamo ti do i 50 euri che avevamo pattuito.
EliminaIVA esclusa, no sta far el furbo.
RispondiEliminaMa te li do fuori busta, mica fatturi...
RispondiEliminaSì infatti anche l'iva me la dai fuori busta.
RispondiEliminaOk, te li meriti.
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