martedì 19 luglio 2011

POKEMON MANIA (2)

Il problema dei Pokemon lo sento particolarmente. La ragione ovvia è che V. è uno di quei bambini svegli che se ne è lasciato e se ne lascia largamente attrarre e assorbire, uno che ne consuma con discreta intensità prodotti e sottoprodotti. L’aspetto in cui mi ritrovo e che mi sembra di capire, anche in base ai miei ricordi d’infanzia, è il gusto per la conoscenza analitica di tutte le (numerosissime, potenzialmente innumerevoli) varianti (i diversi Pokemon in tutte le loro evoluzioni e mutazioni) e dinamiche (interazioni, specialmente nella forma del combattimento sportivo, con limitato tasso di drammaticità).
Sei un bambino, entri nel meccanismo, cominci a conoscere lo sterminato catalogo, a familiarizzarti, ti metti a confronto con i tuoi compagni e competi in termini di conoscenze, ti scambi informazioni su come superare le varie fasi dei numerosi videogiochi per Nintendo DS (credo che V. ne abbia almeno 4-5: oro, diamante, bianco, nero…) e su come sconfiggere i vari avversari e capipalestra. Fin qui la cosa ha una sua tenuta: si regge sull’interesse per una forma di specializzazione, per una conoscenza analitica che riguardi qualcosa, tra l’altro, di sostanzialmente estraneo al mondo adulto. Ma su questo gusto si innesta una spirale perversa di riflessioni e discussioni che raggiungono un livello di analiticità e specificità rispetto al quale anche certi studi di critica letteraria o artistica impallidiscono. La spirale si snoda lungo conversazioni interminabili, talvolta telefoniche, tra bambini, ed è alimentata anche dall’esistenza di un sottoprodotto come la rivista “Pokemon Mania”, che, come se non bastasse, mette a disposizione ulteriori informazioni relative alle varianti e alle dinamiche di cui si diceva. Altro fenomeno che rientra nella logica del mercato, per carità. Solito discorso, solito problema: un po’ difendersi un po’ lasciar correre, come cosa in qualche misura innocua.
Ma il dubbio che le strategie di marketing siano lì apposta per fare danni ritorna: qualche tempo fa V. lascia in giro una copia di Pokémon Mania aperta sulla rubrica delle lettere (naturalmente: la discussione si alimenta anche così…) che in quel numero ospita questa lettera vera o falsa che sia:
UN RINGRAZIAMENTO PER TONY: “Sono Absol’95, ho 15 anni e sono un appassionato di Pkmn (Pokémon, n.d.b.) da quando ne avevo 7. Il mio primo gioco è stato Zaffiro, e da lì ho iniziato a seguire  la vostra stupenda rivista. Vi ho scritto per ringraziare di cuore Tony, che nel n° 109 ha scritto una lettera per me molto importante, perché mi ha fatto riflettere: temendo il giudizio degli altri, un po’ di tempo fa avevo deciso di abbandonare la mia passione per i Pokémon, fingevo che non mi interessavano, e per questo soffrivo. Leggendo la lettera ho capito che stavo sbagliando, e oggi sono un appassionato di Pokémon in tutto e per tutto! Quindi grazie ancora! Spero che i disegni che ho mandato vi piacciano! Scusate se ho scritto a mano e non al computer… Siete fantastici!” - RISPOSTA DI JAY: “Caro Absol’95, i Pkmn sono davvero universali, e quindi adatti a tutti, a prescindere dall’età! In Italia, purtroppo, i videogiochi non sono ancora accettati come un passatempo e un’espressione culturale (e a volte persino artistica) quanto in altri paesi come il Giappone, ma le cose stanno migliorando con le nuove generazioni, e questo anche grazie a persone come te che, anche se prese dal dubbio, alla fine decidono che non c’è assolutamente nulla di cui vergognarsi se si gioca a un videogioco come i Pokémon. Un bocca al lupo (sic - n.d.b.) per le tue future avventure da Allenatore, e non preoccuparti del fatto che scrivi le tue lettere a mano e non al computer: a noi piacciono in entrambi i modi, basta che siano leggibili!
Leggere questa roba mi ha fatto decisamente girare i maroni. Mi è sembrato chiaro l’inganno, e ho pensato che chissà quanti altri piccoli trucchi vengono messi in atto da chi produce questa roba per assuefare i piccoletti a consumarne in modo indiscriminato e cretino. Inoltre pensavo che V. avesse letto proprio quella pagina e magari ci si fosse ritrovato, visto che io gli rompo con discreta costanza e lui ogni tanto dice che i Pokémon non gli piacciono più, affermazione smentita dal fatto che, mescolati ad altri cartoni animati più o meno scemi, continua a guardarli con sostanziale regolarità. Allora il mio genio di educatore si è risvegliato e ho proposto a V. questa sottile e acuta riflessione:
“V., secondo te, se un drogato domandasse allo spacciatore di droga se la droga fa male, che cosa gli risponderebbe lo spacciatore?”
V. resta interdetto 10 secondi, anche  perché la cosa gli pare poco pertinente, fuori contesto. Poi inquadra la situazione e mi dice con enfasi (allunga le vocali)
“Ah no, mi direbbe che drogarsi è bello e che la droga è divertente e che quelli che dicono che fa male non capiscono niente…”
Gli faccio notare che, fatta la necessaria proporzione tra i Pokèmon e la droga, il ragionamento è lo stesso della lettera che lui stava leggendo prima sulla sua “stupenda” rivista… Allora ci arriva e ridacchia, pare che trovi che sono stato abbastanza furbo. Ma dice che quella lettera non l’aveva neanche notata e che non si è affatto identificato nella situazione come io pensavo… Boh. In ogni caso non direi che il mio fine intervento educativo ha prodotto grandi risultati. V. continua a dire che i Pokèmon non gli piacciono e continua a guardarli e a comprare la “stupenda” rivista e a giocare con i videogame dei Pokémon per Nintendo DS. Aspettiamo. E continuiamo a rompere con relativa moderazione.

1 commento:

  1. Perché non lo immetti in un giro di giochi di ruolo?
    E' ugualmente analitico, ugualmente ossessivo, forse un filo più da grandi ma sicuramente molto più creativo.
    Poi magari è pericoloso e mi ucciderai per questo.

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