La radio è un fattore di civiltà,
specie il podcast. Che è quel sistema che ti permette di scaricarti
dalla rete le trasmissioni radio ridotte a file mp3 e di ascoltartele
quando ti pare, mentre cammini, mentre sei in macchina (auricolare su
un orecchio solo, rigorosamente), mentre metti in ordine (quando ti
ricordi di farlo o quando il disastro delle cose in giro ti
assedia...), quando fai la lavastoviglie. Richiede un po' di
concentrazione, non si può ascoltare qualsiasi cosa in qualsiasi
momento, ma ci sono delle cose bellissime.
Non faccio un lungo
elenco, mi limito a mettere in fila alcune tra le cose più
interessanti che ho trovato tra le puntate di Wikiradio che ho
scaricato di recente tutte insieme dopo essere rimasto un po'
indietro. Wikiradio è una serie di lezioni di mezz'ora su tutto che
fanno su radio3. Di tutto sul serio. Per esempio: Cabaret di
Bob Fosse, i Simpson, la campagna per l'oro alla patria del
dicembre 1935, Tolkien, Caetano Veloso, Happy Days, il movimento dei
Sem Terra in Brasile, Jan Palach, Sakharov, il congresso di Jalta,
Metropolis di Fritz Lang, Totò, La Rosa Bianca, Olof Palme.
Naturalmente, di tante cose ascoltate un po' alla rinfusa e senza
sistema è difficile trattenere gran che, ma qualcosa resta.
- Per esempio il fatto che la stessa
velocità di trasmissione dei dati può provocare delle crisi di
borsa, chiamate flash crash, che gli operatori non sanno
impedire né controllare né, una volta accadute, spiegare, come è
successo nel marzo del 2001, oppure nel maggio del 2010, oppure il
giorno dell'ingresso in borsa di Facebook, il 21 maggio 2012 (Stefano
Feltri, il Nasdaq, 8 febbraio 2013).
- Oppure che la spider americana
Thunderbird di colore rosa (o lilla) su cui Fred Buscaglione è morto
a Roma all'alba di una notte di febbraio del 1960, a neanche 39 anni,
gli era stata comprata dai produttori dei suoi dischi e spettacoli
perchè avesse un mezzo consono alla figura di duro e sciupafemmine
che gli era stata costruita intorno. E che, pare, non gli
corrispondeva: aveva sposato una ballerina e cantante di origine
nordafricana e di nome Fatima, che era gelosa per tutte le storie che
i giornali gli attribuivano e che lo aveva lasciato, ma con la quale
lui voleva tornare, pare, stanco tra l'altro anche di fare quella
parte, magari simpatica ma dentro la quale non stava più bene,
perchè voleva soprattutto fare il musicista (GianLuca Favetto, Fred
Buscaglione, 6 febbraio).
- Oppure che lord Byron è stato
criptoomosessuale per tutta la vita, che la sofferenza che si trova
nella sua poesia è nata anche da questo e che il suo tentativo di
darsi una statura eroica nella guerra in Grecia, tentativo pagato con
la morte (di malattia), era presumibilmente anche un tentativo di
fuga da sé. E che alla fine si era innamorato di un suo giovane
attendente greco che al momento della sua morte è scappato con i
soldi delle paghe (Franco Buffoni, Byron,
21 febbraio).
- Oppure che nel 1939 è stato trovato
in una grotta sul monte Circeo il cranio di un uomo di Neanderthal
che, studiato dal paleontologo Alberto Blanc, è stato considerato il
prodotto di un rituale di cannibalismo e considerato come la prova
che, contrariamente a quanto si riteneva, i neanderthaliani erano
capaci di comportamento simbolico. Fino a quando, cinquant'anni dopo,
studi più precisi hanno dimostrato che la grotta era una tana di
iene e che il cranio era solo un resto dei loro pasti (Giorgio Manzi,
Il cranio del Circeo, 25
febbraio).
- O, ancora, che la Suite Francese
di Irène Nemirowsky è stata scritta negli ultimi mesi di vita della
scrittrice, ebrea di origine russa, prima della sua morte in seguito
alla deportazione ad Auschwitz, anche lei a 39 anni non compiuti
(come Fred Buscaglione). E' il racconto, straordinario e incompiuto,
del crollo della Francia invasa dai tedeschi. Michel Epstein, il
marito, finanziere ebreo, cerca di salvare Irène non sapendo che è
già morta e venendo a sua volta deportato e ucciso. Ma prima di
morire riesce a dire alla figlia Denise di scappare e di portarsi
dietro una certa valigia e di non separarsene mai. Nella valigia c'è
il manoscritto del romanzo, che viene riscoperto quasi per caso e
pubblicato solo nel 2004 dopo che per decenni Denise non lo aveva
voluto leggere (Daria Galateria, Irène Nemirowski,
11 febbraio).
Tutte queste puntate le ho ascoltate
durante il viaggio e la breve permamenza in Umbria per le vacanze di
Pasqua, dove abbiamo abitato per quattro giorni nel bellissimo posto
della foto, a pochi chilometri dal lago Trasimeno. Invece oggi,
tornando da scuola, ho sentito la puntata del 1 marzo in cui Massimo
Raffaeli parla di Roberto Roversi. Leggo raramente poesia, ma spero
di trovare il tempo per dedicare un po' di attenzione (oltre che a
Mahmoud Darwish...) al molto che ho trovato free in rete, cioè
qui, grazie alla famiglia di
Roversi. In particolare credo che comincerò dalla fine, cioè dalle
Trenta miserie d'Italia, una prova inconsueta di poesia civile
di largo respiro, che tenta la dimensione del poema, come fanno
vedere questi brevi esempi qui sotto. Che forse non sono la scelta
migliore (ho intravisto nelle strofe roba che mi pare più fine e
preziosa), ma danno un'idea chiara del tono e comunque contengono una
combinazione di disperazione e coraggio che è esattamente quello che
penso che dovremmo provare guardando il nostro presente. In fin dei
conti il soldato non vinto di cui si parla alla fine potrebbe ben
essere il colonnello Dax.
XVIII.
Italia
sepolta sotto la neve
adorata
maledetta
perduta
ritrovata
muta
loquace assisa in un cortile a Venezia
dove
trionfa Goldoni seduto al Caffè.
Incapace
di fedeltà
distrutta
dalle passioni
calpestata
da una dolorosa viltà
trascinata
dalle ruote della Ferrari
e
dall’amore di un popolo che oggi è travolto
infuriato
o inquieto.
Giardino
dei ciliegi
diventato
foresta frequentata da nani
con il
pelo di ferro
divorata
dalle cavallette avide e ciarliere
precipitosa
armata incalzata dal vento…
XX
[...]
Se la
morte del mondo non testimonia della vita del mondo
come può
il futuro crescere come il fiore
sul cuore
di Caterina che chiama i colombi e
guarda la
luna?
Ma io dove
sono? Dov’ero? Mio è il silenzio
nel fuoco,
mia la casa che brucia, io brucio le
mani che
stringono il giorno perché non abbia destino.
Io contro
un muro in attesa e
bruciano
boschi le città bruciano bruciano
mute le
acque i grandi monti sono solitari e perduti. Ma io
dove sono?
Dov’ero?
Non mi
lasciavo, oh
non mi
lasciavo davvero, oh
Non mi
lasciavo sgomentare.
Qua sono
(egli dice) rispondo. Qua sto.
Come un
soldato non vinto
sottraggo
la morte alla morte
nell’Italia
squarciata da trenta miserie sul fianco del fuoco e del freddo
Verrà
pure domani.
We stand here. Sit here. Remain here. Immortal here.
RispondiEliminaAnd we have only one goal:
to be.
Then we'll disagree over everything:
over the design of the national flag
(you would do well my living people
if you choose the symbol of the simpleton donkey)
and we'll disagree over the new anthem
(you would do well if you choose a song about the marriage of doves)
and we'll disagree over women's duties
(you would do well if you choose a woman to preside over security)
...
MD