giovedì 4 aprile 2013

COME UN SOLDATO NON VINTO

La radio è un fattore di civiltà, specie il podcast. Che è quel sistema che ti permette di scaricarti dalla rete le trasmissioni radio ridotte a file mp3 e di ascoltartele quando ti pare, mentre cammini, mentre sei in macchina (auricolare su un orecchio solo, rigorosamente), mentre metti in ordine (quando ti ricordi di farlo o quando il disastro delle cose in giro ti assedia...), quando fai la lavastoviglie. Richiede un po' di concentrazione, non si può ascoltare qualsiasi cosa in qualsiasi momento, ma ci sono delle cose bellissime.
Non faccio un lungo elenco, mi limito a mettere in fila alcune tra le cose più interessanti che ho trovato tra le puntate di Wikiradio che ho scaricato di recente tutte insieme dopo essere rimasto un po' indietro. Wikiradio è una serie di lezioni di mezz'ora su tutto che fanno su radio3. Di tutto sul serio. Per esempio: Cabaret di Bob Fosse, i Simpson, la campagna per l'oro alla patria del dicembre 1935, Tolkien, Caetano Veloso, Happy Days, il movimento dei Sem Terra in Brasile, Jan Palach, Sakharov, il congresso di Jalta, Metropolis di Fritz Lang, Totò, La Rosa Bianca, Olof Palme. Naturalmente, di tante cose ascoltate un po' alla rinfusa e senza sistema è difficile trattenere gran che, ma qualcosa resta.
- Per esempio il fatto che la stessa velocità di trasmissione dei dati può provocare delle crisi di borsa, chiamate flash crash, che gli operatori non sanno impedire né controllare né, una volta accadute, spiegare, come è successo nel marzo del 2001, oppure nel maggio del 2010, oppure il giorno dell'ingresso in borsa di Facebook, il 21 maggio 2012 (Stefano Feltri, il Nasdaq, 8 febbraio 2013).
- Oppure che la spider americana Thunderbird di colore rosa (o lilla) su cui Fred Buscaglione è morto a Roma all'alba di una notte di febbraio del 1960, a neanche 39 anni, gli era stata comprata dai produttori dei suoi dischi e spettacoli perchè avesse un mezzo consono alla figura di duro e sciupafemmine che gli era stata costruita intorno. E che, pare, non gli corrispondeva: aveva sposato una ballerina e cantante di origine nordafricana e di nome Fatima, che era gelosa per tutte le storie che i giornali gli attribuivano e che lo aveva lasciato, ma con la quale lui voleva tornare, pare, stanco tra l'altro anche di fare quella parte, magari simpatica ma dentro la quale non stava più bene, perchè voleva soprattutto fare il musicista (GianLuca Favetto, Fred Buscaglione, 6 febbraio).
- Oppure che lord Byron è stato criptoomosessuale per tutta la vita, che la sofferenza che si trova nella sua poesia è nata anche da questo e che il suo tentativo di darsi una statura eroica nella guerra in Grecia, tentativo pagato con la morte (di malattia), era presumibilmente anche un tentativo di fuga da sé. E che alla fine si era innamorato di un suo giovane attendente greco che al momento della sua morte è scappato con i soldi delle paghe (Franco Buffoni, Byron, 21 febbraio).
- Oppure che nel 1939 è stato trovato in una grotta sul monte Circeo il cranio di un uomo di Neanderthal che, studiato dal paleontologo Alberto Blanc, è stato considerato il prodotto di un rituale di cannibalismo e considerato come la prova che, contrariamente a quanto si riteneva, i neanderthaliani erano capaci di comportamento simbolico. Fino a quando, cinquant'anni dopo, studi più precisi hanno dimostrato che la grotta era una tana di iene e che il cranio era solo un resto dei loro pasti (Giorgio Manzi, Il cranio del Circeo, 25 febbraio).
- O, ancora, che la Suite Francese di Irène Nemirowsky è stata scritta negli ultimi mesi di vita della scrittrice, ebrea di origine russa, prima della sua morte in seguito alla deportazione ad Auschwitz, anche lei a 39 anni non compiuti (come Fred Buscaglione). E' il racconto, straordinario e incompiuto, del crollo della Francia invasa dai tedeschi. Michel Epstein, il marito, finanziere ebreo, cerca di salvare Irène non sapendo che è già morta e venendo a sua volta deportato e ucciso. Ma prima di morire riesce a dire alla figlia Denise di scappare e di portarsi dietro una certa valigia e di non separarsene mai. Nella valigia c'è il manoscritto del romanzo, che viene riscoperto quasi per caso e pubblicato solo nel 2004 dopo che per decenni Denise non lo aveva voluto leggere (Daria Galateria, Irène Nemirowski, 11 febbraio).
Tutte queste puntate le ho ascoltate durante il viaggio e la breve permamenza in Umbria per le vacanze di Pasqua, dove abbiamo abitato per quattro giorni nel bellissimo posto della foto, a pochi chilometri dal lago Trasimeno. Invece oggi, tornando da scuola, ho sentito la puntata del 1 marzo in cui Massimo Raffaeli parla di Roberto Roversi. Leggo raramente poesia, ma spero di trovare il tempo per dedicare un po' di attenzione (oltre che a Mahmoud Darwish...) al molto che ho trovato free in rete, cioè qui, grazie alla famiglia di Roversi. In particolare credo che comincerò dalla fine, cioè dalle Trenta miserie d'Italia, una prova inconsueta di poesia civile di largo respiro, che tenta la dimensione del poema, come fanno vedere questi brevi esempi qui sotto. Che forse non sono la scelta migliore (ho intravisto nelle strofe roba che mi pare più fine e preziosa), ma danno un'idea chiara del tono e comunque contengono una combinazione di disperazione e coraggio che è esattamente quello che penso che dovremmo provare guardando il nostro presente. In fin dei conti il soldato non vinto di cui si parla alla fine potrebbe ben essere il colonnello Dax.

XVIII.

Italia sepolta sotto la neve
adorata maledetta
perduta ritrovata
muta loquace assisa in un cortile a Venezia
dove trionfa Goldoni seduto al Caffè.
Incapace di fedeltà
distrutta dalle passioni
calpestata da una dolorosa viltà
trascinata dalle ruote della Ferrari
e dall’amore di un popolo che oggi è travolto
infuriato o inquieto.
Giardino dei ciliegi
diventato foresta frequentata da nani
con il pelo di ferro
divorata dalle cavallette avide e ciarliere
precipitosa armata incalzata dal vento…

XX

[...]
Se la morte del mondo non testimonia della vita del mondo
come può il futuro crescere come il fiore
sul cuore di Caterina che chiama i colombi e
guarda la luna?
Ma io dove sono? Dov’ero? Mio è il silenzio
nel fuoco, mia la casa che brucia, io brucio le
mani che stringono il giorno perché non abbia destino.
Io contro un muro in attesa e
bruciano boschi le città bruciano bruciano
mute le acque i grandi monti sono solitari e perduti. Ma io
dove sono? Dov’ero?
Non mi lasciavo, oh
non mi lasciavo davvero, oh
Non mi lasciavo sgomentare.

Qua sono (egli dice) rispondo. Qua sto.
Come un soldato non vinto
sottraggo la morte alla morte
nell’Italia squarciata da trenta miserie sul fianco del fuoco e del freddo

Verrà pure domani.

1 commento:

  1. We stand here. Sit here. Remain here. Immortal here.
    And we have only one goal:
    to be.
    Then we'll disagree over everything:
    over the design of the national flag
    (you would do well my living people
    if you choose the symbol of the simpleton donkey)
    and we'll disagree over the new anthem
    (you would do well if you choose a song about the marriage of doves)
    and we'll disagree over women's duties
    (you would do well if you choose a woman to preside over security)
    ...
    MD

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