A volte davvero i cliché non rendono giustizia all'umanità
dell'umanità e alla sua abbondanza di varianti antropologiche. Per
esempio: uno va a Roma e si aspetta di trovare dei romani, nel che è
implicito che una quota significativa di essi sia costituita da
romanacci. Invece gli capita di assistere, appena arrivato, nella piazza
dei Cinquecento subito fuori dalla stazione Termini, a episodi che lo
fanno ricredere completamente, come quelli che adesso vado a ricordare.
Individuata la fermata del bus H, ne aspettiamo l'arrivo, in mezzo a
molte persone che però aspettano il 64 che parte 5 minuti prima. Tra di
esse c'è una signora paraplegica, i cui amici/parenti pregano il
conducente di accostare meglio al marciapiede per permettere loro di far
salire piu' facilmente la sedia a rotelle. L'autista si dimostra
sollecito e premuroso e fa manovra. Tutti aspettano con pazienza e
civile rispetto il compimento dell'operazione, anche se è ovvio che
questo comporta che l'autobus parta con qualche minuto di ritardo.
Quando finalmente la signora è a posto e l'autobus sta partendo, arriva
corricchiando un signore, non più giovanissimo ma non anziano, aspetto
dignitoso anche se non elegante, nessun segno evidente di marginalità,
che, mentre l'autobus si muove, bussa alla porta posteriore per salire ma
non riceve attenzione dall'autista. Così, mentre l'autobus parte, il
signore manifesta il suo disappunto ad alta voce con vera signorilità:
"Ma vaffanculo, pezzo de merda... Bastardi... bastardi!". Molti
bastardi. Mi viene per una frazione di secondo la tentazione di
intervenire e spiegare la situazione per giustificare l'autista
e compensare un po' la delusione del brav'uomo, ma qualcosa dentro di
me mi dice di farmi rigorosamente i cazzi miei.
Ulteriore piccola
conferma la riceviamo durante il tragitto, quando un altro signore,
indispettito perchè il bus ha saltato la "sua" fermata, prima di
scendere alla successiva esprime anch'egli la propria delusione, sempre
ad alta voce, con alcuni: "Ma porca puttana!" e altre espressioni meno
distinguibili, e prima di scendere saluta l'autista con un altro
classico e sonoro: "Vaffanculo!". Una signora sul bus, gentile e civile,
oltre che, pare, abbastanza colta, forse si vergogna un po' per lui (in
quanto romana, direi) e ci spiega che evidentemente il signore non
sapeva che la linea H non fa tutte le fermate. Poi ci parla un po' con
affetto della sua città (affetto che comprendiamo benissimo) e ci dice
tra l'altro che se siamo a Trastevere è facile trovare da mangiare ma è anche
facilissimo cadere in qualche trappola per turisti. Così ci consiglia
due posti frequentati dai romani dove si mangia bene e non ti pelano.
Naturalmente tutti e due quei locali risulteranno chiusi per ferragosto e
noi (causa stanchezza eccetera...) cadremo in una tipica trappola per
turisti, anche se non delle peggiori. Questo arrivo a Roma capace di
smentire tanti infondati modi di pensare correnti, mi ha ricordato un
mio arrivo solitario a Napoli tanti anni fa, al quale mi sentirei di
attribuire un significato simile. Ma non lo racconto adesso.
Appendice:
due giorni dopo, uscendo da S.Pietro, appena oltre il colonnato, attraversiamo e assistiamo
a un amichevole confronto tra un tassista e un turista foresto, forse
proprio per questioni di precedenza nell'attraversamento. In realtà ci
tocca solo la conclusione del confronto: vediamo infatti il tassista
(basso, magro, molto abbronzato, semirasato in testa, s-ciòna al lobo
dell'orecchio sinistro, occhiali a specchio, fisico nervoso e
comportamento anche...) che pacatamente conclude il suo ragionamento
rivolgendosi all'altro (signore alto e biondo con faccia rossiccia di
caldo) con le parole: "Vallo a fa' ar paese tuo lo stronzo! Te faccio
'na faccia così! A cojone!". Come dubitare delle sue ragioni?
Minnnnnnchia...
RispondiEliminaHo riso tantissimo sul "Farmi rigorosamente i cazzi miei" :D