Si
sa che a volte le risposte migliori vengono in mente quando il
momento è passato e ormai non servono più. A volte la cosa brucia,
per esempio se c'è in ballo una polemica in cui la risposta mancata
sarebbe servita a mettere a tacere in modo quasi definitivo qualche
ignorante inopportuno o a vincere una battaglia contro qualche nemico
storico, magari di fronte a un po' di pubblico. A volte, come nel caso che segue, fa niente: si è solo persa l'occasione di fare una
battuta. Il nesso con i post precedenti è molto tenue: sta solo nel fatto che la scena è
sempre la notte in albergo durante la gita.
Certamente un'altra gita, ma forse la stessa città e forse anche lo stesso albergo della microstoria di non-amore di N.D. e R.B. Questa volta è tardi. Tardi tardi tipo le due e mezza. Tipo che tu all'una e mezza sei crollato con la speranza-illusione che la situazione fosse tutto sommato tranquilla e invece dopo un po' sei stato svegliato da rumori indistinti ma quasi certamente attribuibili a studenti/esse che sghignazzano in camera e scavallano o sgallinano nei corridoi, magari con contorno di passi di corsa e porte sbattute.
Certamente un'altra gita, ma forse la stessa città e forse anche lo stesso albergo della microstoria di non-amore di N.D. e R.B. Questa volta è tardi. Tardi tardi tipo le due e mezza. Tipo che tu all'una e mezza sei crollato con la speranza-illusione che la situazione fosse tutto sommato tranquilla e invece dopo un po' sei stato svegliato da rumori indistinti ma quasi certamente attribuibili a studenti/esse che sghignazzano in camera e scavallano o sgallinano nei corridoi, magari con contorno di passi di corsa e porte sbattute.
Tu
e i tuoi colleghi (vai in gita con colleghi di cui ti fidi, che sai
che sono come te e sono sempre presenti, tengono d'occhio, se serve
spaccano) ci avete provato a stancarli durante il giorno a forza di
musei e monumenti e tappe semiforzate a piedi attraverso la città,
cercando anche di fare in modo che qualcosa dello spirito e della
storia di quella città gli entri dentro almeno un po', nei loro
occhi ottusi dalla quasi invincibile miopia adolescenziale di cui
sono inevitabilmente preda. Ma le gite scolastiche come le facciamo
noi in genere sono un aspetto del costume davvero incivile, al limite della
barbarie, per colpa di tanti fattori dei quali mette conto ragionare
prima o poi. Il fatto che resta è che loro sono irriducibili e la
notte hanno sempre vitalità e adrenalina a muoverli in quantità
enormemente superiore a quella che tu ti inietti dentro attraverso la
siringa del senso di responsabilità.
Dunque,
prevedibilmente ma inopinatamente svegliato, ti alzi ripassandoti in
mente vari pantheon di religioni miste, ti infili la tutazza, eviti
di guardare allo specchio la tua immagine depressa e desolante ed
esci in corridoio, dove qualcuno corricchia via e gira l'angolo:
altri passi, altre porte sbattute. Tu hai l'elenco della
distribuzione nelle camere e cominci dalla prima. Bussi, aprono, vedi
chi c'è, fai un po' di predicozzo: che si era detto, che eravamo
d'accordo, che non si fa, che da adesso in poi. Quindi rimandi al
loro letto gli estranei a quella stanza e passi a quella dopo e
avanti, con sistema. A un certo punto arrivi a una stanza dove sono
segnate due ragazze teoricamente tranquille. Da dentro non arriva
suono. Bussi e niente. Ribussi e aspetti. Qualcosa: tramestio non
troppo concitato. Pensi che sto giro hai svegliato le uniche due che
dormivano beate, poi ti aprono: è L.G. una delle due, con addosso il
suo pigiamino da educanda. Ma non ha l'aria assonnata: è un po'
ansiosa e si capisce subito perché. Chiedo chi c'è là. “Siamo io
e D. che facciamo le parole crociate”, risponde. Ora, D.T. non è la
sua compagna di stanza ma un ragazzo e più precisamente il suo
moroso storico. Stupido io a non ricordare e a non immaginare da
prima che questa poteva essere appunto una delle ordinarie
stanze-rifugio per coppie di piccioni già strutturate. Ma comunque
bussare dovevo. Il punto è: adesso che cosa faccio? La guardo e
resto perplesso per dieci secondi. Lei legge la perplessità nei miei
occhi e vede probabilmente l'imbarazzo nella mia bocca semiaperta
mentre cerco le parole. Alla fine dico qualcosa come: “Ok, niente
confusione, mi raccomando”. Raccomandazione utilissima, come si può
capire. Giro sui tacchi e me ne vado signorilmente. Solo il giorno
dopo mi viene la risposta buona di fronte alla scusa più
inconsistente del mondo, quella delle parole crociate. “Sì, ma
siete verticali o orizzontali? ”. Ecco cosa avrei dovuto dire.
P.S.
La storia tra L.G. e D.T. è seria, dura a lungo e finisce con un certo dolore
(specie di uno dei due, mi par di ricordare...) dopo la fine delle superiori. Oggi uno dei
due è all'estero, sposato. L'altro, mi pare, lavora in città non
troppo lontano da qui. Grado di felicità naturalmente impossibile da
determinare: Dio solo.
:D
RispondiEliminanon so se ridere di più per la tua battuta a posteriori o per questa sghèra che la prima scusa che le è venuta in mente sono state le parole crociate. Creatura.
:D