Questa è la Liffey a Dublino con Ha'penny bridge preso da Millennium bridge, per gentile concessione di Maria e delle sue bellissime foto |
A quel punto Kelleher e
Gallager udirono un grido di donna. Si rigirarono. Ci furono altri
rumori più sordi. Poi un nuovo grido di donna, esclamazioni e
bestemmie. Videro allora, nella mezza luce del crepuscolo, i due
compagni che strascinavano un'ombra che si dibatteva appena e non
gridava più.
-
Cos'è che succede? - chiese Gallager con una punta di emozione.
-
Una pollastra che s'è inguattata qui, - disse Caffrey. - Andiamo a
interrogarla.
-
Perché non la sbattete fuori? - fece ancora Gallager.
-
Di', - disse Mac Cormack, - bisogna poi gettare una coperta sulla
piccola che è giù in strada.
-
E gli altri due, - disse Gallager, - se li si mettesse fuori anche
loro? Con una coperta sopra.
-
Allora la si interroga? - domandò Caffrey.
Mac
Cormack e Caffrey erano rimasti immobili e Gertrude si era addossata
contro il muro. La tenevano ciascuno per un polso. Non diceva niente,
la testa reclinata.
-
Mettete una coperta sopra la piccola che è fuori, - disse Mac
Cormack. - Gli altri possono aspettare.
-
Mi si rizza il pelo, - disse Gallager, - all'idea, proprio così, di
stare a passare la notte con dei morti.
-
Si potrebbe sbatterli fuori, - propose Kelleher. - Farne una piccola
mucchia all'angolo della strada quando poi i Britannici ci viene la
sonna.
-
I morti non devono mettervi paura, - disse Mac Cormack. - Non più
dei vivi.
-
La si interroga? - domandò Caffrey. - Le facciamo delle domande?
-
Va' a gettare una coperta sopra la piccola che è fuori, - disse
Gallager.
-
Aspetta che faccia proprio notte, - disse Mac Cormack.
Gallager
incollò la faccia sulla feritoia ricavata nel barricamento di una
finestra.
- Se storco gli occhi, -
disse, - arrivo ancora a vedere la sua spoglia mortale. Pare che
aspetta un innamorato. Beh mi ossessiona insomma. Beh mi ossessiona
insomma. Beh mi ossessiona. E gli altri baccalà, nel ripostiglio,
che vanno a venir fuori, ci manca poco, a cavallo su delle scope, a
vagare come niente nell'aria cacciando certi lamenti. Avranno la
ghigna verde e finti sudari.
Si voltò verso Mac
Cormack.
- Mi piace mica sta
faccenda. Si dovrebbe cacciarli tutti nella Liffey. La piccola
uguale.
-
Noi non siamo degli assassini, - disse Mac Cormack.
- Alè, Gallager, un po' di
coraggio. Finnegans wake!
-
Finnegans wake! - fece eco Gallager, con la bocca secca.
Si
udirono dei singhiozzi soffocati. Caffrey aveva appena passato la
mano sulle chiappe di Gertie.
-
Ti ho detto di essere corretto, - brontolò Mac Cormack.
- Può darsi che nasconde
armi.
- Basta così.
Strascinarono Gertie e
cominciarono a montar su per le scale. Gertie si impuntava, però
senza resistere. Aveva subito smesso di piangere. I due piantoni del
pianterreno li guardarono salire. Poi tornarono di guardia. La notte
adesso era a filo, una vera notte proprio fonda, sfondata dallo
splendore di una luna piena.
- Un cagnazzo, - mormorò
di botto Gallager.
E aggiunse:
- La sniffa. Lo
sporcaccione.
Spianò il fucile e tirò.
Era il primo sparo della
notte. Risuonò strambo nel silenzio della città insorta. Il cane si
mise a sgagnolare. Si allontanò, tra i guaiti, ululando più e più
patetico. Un poco più lontano, ci fu un secondo sparo, poi ancora la
calma. Una pallottola britannica aveva finito il cinico animale.
-
Che cagheria tutti sti cadaveri! - disse Gallager.
Kelleher
non rispose.
(Raymond
Queneau, Troppo buoni con le donne (1971), cp. XXI, Torino,
Einaudi 19983, p. 43-45)
Facciamo
che è un suggerimento di lettura, dato che Queneau, per varie
ragioni, è uno dei miei autori di culto: il papà di Perec, quindi
il nonno di Pennac. Ho scoperto tra l'altro che è lui ad aver curato
l'edizione delle famose lezioni
sulla Fenomenologia
dello Spirito
di
Hegel tenute a Parigi dal franco-russo Kojève negli anni '30,
lezioni a cui Queneau aveva assistito ricavandone gli appunti da cui
poi è nato il libro. Che io naturalmente conosco solo di nome e di
fama, ma di cui non ho mai letto una riga.
In
realtà Troppo
buoni con le donne,
che ho riletto di recente, mi è tornato in mente perchè Maria
ha nominato Dublino e la Liffey. Ho sempre trovato irresistibile la
combinazione di: a) ingenuo eroismo; b) semplicità d'animo; c)
cinismo da esperti della durezza della vita e; d) desiderio d'amore
potente e inconfessato, che, in varie proporzioni, costituisce
l'anima un po' di tutti i patrioti irlandesi protagonisti di questa
surreale insurrezione, vera e impossibile. E' un po' un prototipo
dell'allegria tragica, dell'equilibrio miracoloso di gioco e
disperazione che spesso mi pare l'unico possibile modo serio per
guardare le cose. E magari affrontarle.
In
questo capitolo ci sono già tre vittime delle prime fasi
dell'assalto all'ufficio postale in cui è ambientata la vicenda: un
paio di morti nascosti in uno stanzino e, soprattutto un'impiegata
dell'ufficio stesa cadavere all'esterno (la piccola), uccisa
da una pallottola inglese mentre era tornata indietro a prendere la
borsetta abbandonata precipitosamente al momento dell'irruzione dei
guerriglieri. Non si direbbe un brano beneaugurante, in effetti non
lo è. Ma non è del tutto fuori tono rispetto ai pensieri di Maria
su come tutto sia appeso a qualche filo. E su come, pur sapendolo
bene, sia possibile continuare, nonostante lo scombuglio e cercando
di essere sempre corretti per non smerdare la causa, a combattere.
Per resistere è essenziale, ogni tanto, far girare una bottiglia di
vischi.
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