Chissà come ci si sente a essere funzionali alla trama. Nei
romanzi, a volte anche in quelli belli, ci sono spesso personaggi che
consistono di un solo gesto (idea, passione...) che hanno il compito di
ripetere e significare tutte le volte che la vicenda li chiama in
scena. Un mestiere, un'idea politica, un amore, una devozione alla
propria famiglia bastano a far consistere un'intera ipotesi di vita.
Il che naturalmente è possibile perchè nessuno viene mandato dal
narratore a chiedere a quel personaggio com'è che la sua vita si è
coagulata proprio attorno a quella cosa lì: ci sono semplicemente
degli stampini in cui viene colata l'identità, poi basta staccarla e
spostarla dove serve.
Tanti anni fa mi era venuta l'idea di prendere nota di questi
personaggi marginali, dietro ai quali mi sembrava che si aprissero
nei romanzi infinite possibili deviazioni, e di scrivere una serie di
racconti per cercare proprio di capire come erano cresciute quelle
figure, cosa le aveva portate fino a quel punto, che poi molto spesso
era la morte. Perchè il romanziere quei personaggi in genere li
manda a farsi ammazzare in qualche modo fatale, così che, quando la
tragedia accade, il lettore pensa che il destino di quel personaggio
era inscritto fin dall'inizio nel suo carattere.
Il primo racconto avrebbe dovuto essere la storia di Demmie
Vonghel, personaggio (del quale ricordo quasi solo il nome) di un
romanzo importante (ma del quale ricordo quasi solo il titolo): Il
dono di Humboldt di Saul Bellow del quale ho letto tante cose
tanto tempo fa e non me ne resta quasi niente. Era una donna, forse
una morosa o la prima moglie di uno dei due protagonisti. Se non
sbaglio moriva in un incidente aereo dopo aver attraversato il romanzo
con relativa leggerezza, senza lasciare gran traccia. Ma anche se
ricordo male (non ho il libro: avevo, credo, meno di vent'anni e
diversi Bellow li avevo presi in biblioteca comunale) mi resta nella
memoria una grande pietà verso questa donna interrotta a cui volevo
rendere giustizia facendola parlare e facendole dire finalmente le
cose che pensava davvero. Perchè a volte capita anche a noi di
trattare qualcuno come se fosse un sasso: specialmente le madri, i
padri, le persone utili di cui si dà per scontato che ci sono, e che a
volte se lo meritano per aver permesso agli altri di trattarli da
cose, ma ai quali sarebbe bello che qualche potenza celeste trovasse
un posto non troppo scomodo dove stendere le gambe e dormire, girati
dalla parte che preferiscono.
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